CensuraStati Uniti

Se vincono questi, si salvi chi può

Tim Walz, candidato vicepresidente di Kamala Harris, vuole mettere il bavaglio agli americani

Vedo dalla vostra partecipazione (ancora grazie) alla mia battaglia, quella per la sopravvivenza del progetto, che siete incazzati neri. Vi girano ben bene le palle, vero? Vi siete accorti che la censura è reale, il pensiero unico esiste davvero e la violenza di questo regime (sì, regime) oppressivo è terrorizzante.

Avete ragione, ma sappiate una cosa: non abbiamo ancora visto niente.

Lo vedete l’idiota qui sotto? L’imbecille si chiama Tim Walz. Ed è il candidato vicepresidente di Kamala Harris, attualmente governatore del Minnesota.

Questo cervello di triglia raffigurato con la faringe a vista vorrebbe chiudere la bocca agli americani. Dovete sapere che due cose sono sacre per gli americani: il primo emendamento, e il secondo emendamento.

Il secondo emendamento è quello che protegge il diritto dei cittadini americani di detenere e portare armi. E non c’è bisogno che dica altro su questo.

Il primo emendamento invece è quello che garantisce, tra le altre cose, la libertà di parola e la libertà di stampa.

Questi due diritti, messi insieme, sono forse più importanti per gli americani dell’intera Costituzione che hanno emendato.

Quando chiedi a un americano perché nel loro paese è permesso raffigurare il presidente con il volto da maiale questo ti guarda storto. Non capisce la domanda. Quando ti stupisci che la bandiera a stelle e strisce può essere bruciata in piazza l’americano ti guarda come un alieno.

Sono semplicemente perplessità che gli americani non comprendono. Si può fare perché c’è libertà di espressione, ti dicono.

Ora vi racconto un aneddoto.

Mi trovavo al tribunale di Miami. Era una giornata calda e umida, come la Florida d’estate sa essere. Avevo conosciuto degli agenti dell’ufficio dello Sheriffo che prestavano servizio lì, e dopo avermi preso in simpatia avevano deciso di farmi entrare nei loro uffici per mostrarmeli.

Ovviamente chiunque entri all’interno del tribunale deve sottoporsi ai controlli di sicurezza , come avviene anche in Italia: metal detector e scansione dei bagagli. Normale procedura.

Controlli passati, siamo dentro.

Seguo gli agenti lungo le scale mobili dell’edificio, attraverso corridoi che si affacciano sulle aule di giustizia, dove giudici terreni decidono il destino degli esseri umani che sono obbligati a rintanarsi in quel labirinto di muri.

Ogni tanto si incrocia qualche persona ammanettata che viene trascinata dai poliziotti.

A un certo punto svoltiamo a destra e dopo aver varcato una porta a vetri, aperta dall’agente che mi precede, vengo investito da un potente fascio luminoso che mi fonde la retina. Penso che mi stiano per sbattere su una sedia con una torcia puntata in faccia, forse quell’invito a visitare quegli uffici era stata una trappola per interrogarmi.

Sarei finito accusato di qualche reato gravissimo, magari terrorismo internazionale.

Invece, la luce che mi investe è quella del faro di una telecamerina tenuta in mano da un ragazzotto smilzo e alto che me la punta in faccia urlandomi improperi di ogni tipo.

Ce l’ha con i poliziotti lo spilungone, li insulta, insulta le loro divise, gli urla di tutto, mentre punta in faccia a me e a loro quella fottuta telecamera.

Gli agenti è come se non lo vedessero, camminano dritti e io li seguo, e poco dopo incontriamo una nuova porta a vetri, questa volta con una serratura che si apre solo quando viene avvicinato un badge.

Bip. Entriamo.

Siamo finalmente soli. Lo spilungone e i suoi amici sono rimasti chiusi fuori, ma ci stanno ancora filmando attraverso il vetro.

I poliziotti ridono. Si scusano con me. Dicono che quei ragazzi stanno lì tutto il giorno ad insultare i poliziotti e i giudici che gli passano davanti. Dicono che filmano tutto con le loro telecamere sperando in una reazione scomposta di qualcuno, così da metterlo su YouTube e mostrare quanto la polizia sia violenta e scortese.

Gli chiedo se non possono fare nulla per impedirlo, non li possono sbattere fuori?

Assolutamente no. È il primo emendamento, mi dicono. È il free speech. Basta ignorarli. Ma è un loro diritto stare lì.

Bene, quello che quei poliziotti mi hanno spiegato quell’idiota di Tim Walz non lo ha capito.

L’imbecille ha detto che il primo emendamento non serve per garantire la libertà di disinformare. Ha detto che non è lì per garantire la libertà di esercitare l’hate speech.

Invece è proprio lì per quello. Perché l’emendamento della Costituzione che garantisce il free speech è lì per garantire il diritto di fare cose sgradevoli. Viscide. Puzzolenti. Non serve nessuna legge per garantire il diritto di dire cose sagge e opportune. Non ce n’è bisogno.

Li leggi sulla libertà di parola servono per garantire il diritto di dire quello che riteniamo schifoso, lurido e sconveniente. E questo a Tim Walz non sono ancora riusciti a ficcarlo in testa.

Il rischio è che se questa gentaglia dovesse essere eletta trasformeranno prima l’America, e poi il mondo, nella fogna in cui loro già credono di vivere.

Speriamo che li ricaccino da dove sono usciti. La speranza, in fondo, è l’ultima a morire.

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Andrea Lombardi

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