Immaginate un mondo dove il “non siamo andati sulla Luna” è una banalità scontata e condivisa, sostenuta da casalinghe e baristi, meccanici e idraulici.
Pensate a un mondo dove la terra piatta sia cultura comune, accettata da chiunque, e chi dissente è il bastian contrario, quello che cerca di rendersi interessante sparandola grossa, o peggio ancora un poveretto incapace di comprendere le cose.
Per fortuna non è così. Le teorie antiscientifiche e antitecniche sono una realtà distorta in cui poche, pochissime, persone si rispecchiano. E molte di queste non lo fanno neanche per reale convinzione, ma per disinteresse, sciatteria intellettuale, distanza culturale dal fenomeno sul quale accettano l’inaccettabile.
La realtà vera è un’altra.
La maggior parte di noi è vaccinata, si cura con medicine prescritte da medici e non con l’imposizione delle mani di pseudo sciamani; sa di vivere su una sfera e non crede che l’acqua abbia “memoria”, né pensa che le Torri Gemelle siano state fatte saltare in aria dagli stessi americani perché “un aereo in alluminio non può penetrare una struttura in acciaio perché l’acciaio è più duro dell’alluminio” (sentito con queste orecchie qui, allibito).
Eppure, il mondo del sottosopra esiste. Ed è tra noi. E anche io ne ho fatto parte. Per anni, e con convinzione.
Il mondo sottosopra di Ustica
Sono cresciuto conoscendo la verità sul disastro aereo di Ustica, come tutti voi. Gli spettacoli di Paolini e gli approfondimenti di Carlo Lucarelli mi hanno fatto scoprire l’esistenza di un’Italia oscura, spaventosa, che contiene segreti inconfessabili pagati con il sangue da inermi cittadini, triturati da un sistema più grosso di loro.
Il DC9 Itavia scomparso il 27 giugno 1980 fa parte della mia storia da sempre, anche se sono nato otto anni e quattro mesi esatti dopo quel disastro.
Sui cieli italiani quella notte ci fu una imponente battaglia aerea, una guerra che doveva restare segreta, un combattimento serrato, coperto dal buio delle tenebre, ma che sfuggì di mano agli stessi cospiratori perché per sbaglio venne coinvolto un aereo civile che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Un missile, sparato contro un aereo libico ingaggiato nella battaglia, per sbaglio colpì il DC9 civile. E così ottantuno persone persero la vita, mentre sorvolavano il Mar Tirreno, diretti da Bologna a Palermo.
E pensate che per coprire tutto decine di persone vennero ammazzate. Addirittura due piloti delle Frecce Tricolori vennero fatti schiantare l’uno contro l’altro durante la manifestazione di Ramstein, facendo un’altra settantina di vittime innocenti che stavano assistendo allo spettacolo.
Altri vennero impiccati, fatti sparire, corrotti o minacciati. I vertici dell’aeronautica manomisero le tracce dei radar che avevano registrato quell’orgia di aerei militari, missili e raffiche di cannone, misero tutto sotto il tappeto così bene che oggi ogni trasmissione televisiva o youtubesca è perfettamente a conoscenza di ogni singolo dettaglio di quella oscura vicenda. Di ogni singolo plot sputato da ogni giro d’antenna.
Nel 2007 mi iscrissi a Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Milano e nel 2010 frequentai l’ottimo corso di Sicurezza del Trasporto Aereo del Prof. Pietro Carlo Cacciabue, un’istituzione in questo settore. Studiammo diversi eventi catastrofici, compreso il disastro del volo Alitalia AZ404 precipitato a Zurigo, l’aereo su cui sarebbe dovuto salire mio padre, ma che non prese per una fortunata coincidenza di eventi. Ma di Ustica, neppure l’ombra.
Così quella storia per me era diventata consapevolezza definitiva. Cultura cementificata, inattaccabile, inscalfibile.
La mia passione per il mondo dell’aviazione mi portò nell’autunno del 2021 a decidere di dedicare una puntata de Il Bugiardino proprio a quell’avvenimento storico, e fu così che mi imbattei per la prima volta, alla ricerca di materiale sulla vicenda, in un libro per me eretico.
Eretico perché non credevo che ci fosse qualcuno che davvero poteva mettere in dubbio quanto accaduto sul Tirreno, quella notte di giugno dell’80.
Così, più per farmi un’idea dell’altra campana che non credendoci veramente, decisi di leggere anche quel libriccino. Figuratevi con quale animo, visto che una volta arrivato a casa mi accorsi che uno dei due autori era il generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e quindi, nella mia testa, parte in causa che aveva tutto l’interesse a nascondere la verità sulla battaglia aerea avvenuta quella notte sui cieli italiani.
E così iniziai la lettura, con spirito di guerra e pronto a smontare la versione di comodo che certamente, pensavo, avrebbe cercato di insabbiare la verità.
Quello che mi ritrovai davanti però fu, per me, scioccante.
Non si trattava di arrampicamenti sugli specchi di qualcuno che cercava di difendere l’indifendibile. Quel libro andava al cuore del problema, smontando pezzo per pezzo, tecnicamente, ciò che fino a quel momento mi era stato raccontato come verità ufficiale e, soprattutto, scientifica.
Se confermate, quelle evidenze tecniche e ingegneristiche non lasciavano spazio a dubbi.
Altro che battaglia aerea. Altro che Mig libici. Quell’aereo era da solo sul Tirreno quando precipitò. Da-solo. Nient’altro intorno a lui.
Come poteva esserci stata alcuna battaglia, se non c’era nessuno?
Feci ulteriori approfondimenti, ed ebbi conferma che quanto riportato in quel libro corrispondeva alla verità accertata. Quelli erano i fatti.
Tecnicamente, il relitto del DC9 raccontava una storia precisa. La storia di una esplosione avvenuta a bordo. La storia di una bomba collocata nella toilette posteriore dell’aereo. Non c’era nessun missile.
E tutto il resto, cosa era? Quello che per più di due decenni mi avevano raccontato, da dove arrivava?
Mi sentivo preso in giro, vittima di un lavaggio del cervello orchestrato, manco a dirlo, dalla solita parte politica che anche qui aveva le mani in pasta. Perché ci sono ragioni ben precise per raccontare una storia diversa dalla realtà, ma non ne parlerò ora.
Scoprire queste cose su Ustica fu uno dei più grandi shock della mia vita. Cose che avevo sempre considerato vere, cessavano di esserlo di colpo. Ci ricavai alla fine la puntata de Il Bugiardino. Ma da allora per me Ustica non è solo una storia da raccontare, è una missione.
L’Italia vive nel sottosopra, per quanto riguarda Ustica (e anche per altri fatti, che però mi hanno scioccato molto meno). L’Italia è quel mondo dove la terra piatta è cultura comune, realtà accettata. E la mia formazione ingegneristica mi impone di cercare, nel mio piccolo, di portare un minimo di lucidità e raziocinio, dove questi sono completamente scomparsi.
Per questo ho dedicato, e dedicherò in futuro, diverse puntate dei miei lavori al disastro di Ustica.
Se siete interessati a saperne di più vi ho preparato una playlist di video sul mio canale YouTube, andate a darci un’occhiata. Soprattutto se credete alla storiella della battaglia aerea.
Andate a vedere, e poi fatemi sapere cosa ne pensate.